Cosa c’è di meglio dell’odore di patatine fritte appena sfornate nella tua rosticceria preferita? Probabilmente poche altre cose, ma è bene controllare attentamente l’olio di frittura per non incappare in un gusto spiacevole. Durante la cottura l’alimento cede acqua e sostanze grasse e assume olio di frittura e al tempo stesso si sviluppano complesse reazioni chimiche che sono responsabile dell’ottimo sapore.

Il processo genera, nell’olio di frittura, una serie di composti che derivano dalla disgregazione e reazione dello stesso con l’acqua e le elevate temperature: una molecola di grasso consiste in un alcol (glicerina) e tre molecole di acido grasso. Durante il processo di frittura gli acidi grassi vengono separati dalla glicerina da diverse reazioni che si realizzano e che portano anche alla produzione di composti indesiderati.

La qualità dell’olio di frittura potrebbe però essere intaccata principalmente dal calore e dall’ossigeno, questo comporta un impatto sul sapore dei cibi fritti in oli esausti. D’altronde, sostituire troppo frequentemente l’olio di frittura non è conveniente, sia da un punto di vista economico che operativo, dunque è molto utile avere un’idea della qualità dell’olio di frittura e poter tenere sotto controllo determinati parametri indicativi dello stato.

Il Ministero della Salute con Circolare Ministeriale n.11 del 11 gennaio 1991 ha stabilito dei limiti nel contenuto dei composti polari (TPS) come parametro indicativo della qualità dell’olio di frittura: Questa determinazione rileva l’insieme dei quei composti, che si formano durante il trattamento termossidativo di un olio, aventi polarità superiore ai trigliceridi.

Esistono in commercio dei kit monouso o delle sonde riutilizzabili che permettono un costante monitoraggio di questi ed altri composti all’interno dell’olio per programmare le sostituzioni, in modo da avere sempre olio di ottima qualità che garantirà un ottimo sapore ai cibi e non pregiudicherà la salute dei consumatori.

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